Noi abbiamo chiesto parere ad una ragazza di 21 anni, il suo nome è Angelica, che ormai da anni ha dato tutta se stessa per tale disciplina catalogando pure grandi successi.
-Ciao Angelica, puoi raccontarci il tuo primo approcciato al mondo della danza? É una passione innata o é venuta fuori cammin facendo?
Il mio approccio alla danza è iniziato quasi per caso. Da piccola ho fatto 4 anni di danza classica, che ho poi abbandonato. A 14, dopo 5 anni di ginnastica artistica, mi era stato diagnosticato un problema alla schiena che mi avrebbe impedito di continuare a praticare quello sport. Ero disperata e abbattuta, ma la danza mi ha presa per mano e non mi ha più lasciata. Ho cominciato con la disco dance, show dance e danza moderna e, sin da subito, ho iniziato a gareggiare nella Federazione Italiana Danza Sportiva, dato che ero abituata alle competizioni, arrivando anche a gareggiare in Campionati del Mondo. Ancora però vedevo la danza solo come uno sport e un modo per buttare fuori tutte le tensioni/emozioni. A 17 anni poi ho ricevuto una borsa di studio per un’accademia di musical dove ho scoperto che in realtà c’è davvero un mondo dietro ad una coreografia o anche ad un solo movimento. Ho capito che danzare non è soltanto eseguire un passo e poi un altro, andare a tempo di musica, saper fare un salto o un giro. Danzare significa tradurre in movimento un pensiero, un’idea, un’emozione con piena consapevolezza del proprio corpo e dello spazio che ti sta intorno. Da ciò che ho appreso in accademia ho iniziato ad approfondire lo studio di vari stili di danza in una scuola della mia città, dove tutt’ora mi alleno e insegno (dopo aver sostenuto un corso e un esame che mi ha permesso di avere un diploma specifico).
-Quali sono gli ostacoli da superare nella disciplina? Immagino, lungo il percorso, ci siano degli scalini agonistici da intraprendere e, soprattutto, quanto incide il fattore psicologico nel tempo?
Gli ostacoli da superare possono essere molti e di diversa natura: infortuni, gare andate male, un movimento che proprio non riesci ad eseguire o quanto ancora riferibile ai piccoli sacrifici quotidiani. Per quanto riguarda l’agonismo ci sono diversi casi: quando gareggiavo nella FIDS si parlava di categorie (C, B, A, AS quest’ultima la categoria internazionale che ti permette di far parte del Club azzurro) i quali portavano in dote molti anni di “gavetta” al fine di farti conoscere in un ambiente molto “chiuso” e, soprattutto nei livelli più alti, dove conta su determinati nomi difficili da battere. A volte è stato deludente e frustrante, ma ho avuto anche molte soddisfazioni. Dall’accademia in poi mi sono avvicinata alla parte più “artistica” della danza; meno competizione e più creatività, libertà, espressione. Ciò nonostante l’emozione prima di salire su un palco è sempre la stessa. Sarà che sin da piccola sono sempre stata abituata alle competizioni, ma non ho mai avuto un crollo tale da farmi pensare di mollare tutto. Delusioni, quelle sì, ma per me la danza è necessità, anche oltre le competizioni.