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GIORNATA MONDIALE DELLA LIBERTÀ DI STAMPA
“Non posso parlare di fatti avvenuti prima che io arrivassi, ma tutti voi oggi avete fatto una grande inchiesta, un'inchiesta che credo avrà un immediato e considerevole impatto sui nostri lettori. Per me, questo è il senso vero del nostro lavoro.”
La Giornata mondiale della libertà di stampa è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1993. La giornata, celebrata ogni anno il 3 maggio, rappresenta da un lato un'occasione per promuovere azioni concrete e iniziative finalizzate a difendere la libertà della stampa, ma dall'altro è anche un'opportunità per valutare la situazione della libertà di stampa nel mondo; è una giornata destinata a richiamare l'attenzione, allertare e sensibilizzare il pubblico, stimolare dibattiti tra i professionisti dei media, oltre a essere una giornata commemorativa, per ricordare i giornalisti che hanno perso la vita nell'esercizio della professione. In tal senso ci sono storie che devono essere raccontate. Nonostante tutto, o forse proprio per questo. Il Caso Spotlight ne fa tesoro: il film, sorretto da un cast notevole - Michael Keaton, Mark Ruffalo Rachel McAdams, Stanley Tucci, Liev Schreibe - è la vicenda dell'inchiesta giornalistica del Boston Globe vincitrice del Premio Pulitzer, che portò alla luce nel 2001 ben 87 casi di abusi su minori commessi da sacerdoti e, soprattutto, del modo in cui l'allora cardinale Law insabbiò tutto. Non solo: smascherò un vero e proprio sistema d'omertà e collusioni, nel quale tutta la comunità della città americana era invischiata, oltre alle sfere ecclesiastiche.
Spotlight è un team di giornalisti all'interno della redazione del Boston Globe. Gode di un'autonomia di lavoro sorprendente: il caporedattore coordina un piccolo gruppo di collaboratori, il cui lavoro è basato su inchieste ad ampio respiro, prive d'alcun vincolo di tempo nelle consegne, libere nelle tematiche da poter affrontare o meno e senza dover la necessità che siano relazionate ai vertici del quotidiano. C'è un cambio alla guida del giornale e il nuovo direttore sottopone al gruppo d'approfondire un caso di pedofilia trattato in modo sbrigativo, a suo dire, perché relegato in cronaca locale. Si rivelerà la punta di un iceberg, sconvolgente e terribile. Non era compito facile preparare una sceneggiatura giusta, ma Il Caso Spotlight dimostra quanto il cinema possa arrivare a vette di rigore narrativo praticamente perfette. Durante tutto il film non si cede mai a una facile morbosità, né ci si concede al semplice anticlericalismo: l'orrore passa dalle testimonianze dei sopravvissuti e dai documenti scientifici portati dall'inchiesta, a dimostrare l'esistenza di un sistema, di una vera e propria tipologia psichiatrica di cui il clero sembrerebbe affetto e in percentuali sconvolgenti. Proprio basandosi su questi dati e insieme a un gran lavoro investigativo, il gruppo Spotlight da un unico caso di violenza si troverà a doverne raccontare 87, dove la cifra indica i sacerdoti colpevoli, non chi subì abusi. Vittime erano minori di famiglie disagiate, per le quali l'interesse di un prete, il suo ingresso in casa o la sua cura nelle loro questioni domestiche rappresentavano l'unica speranza a fronte di un'esistenza molto dura, trascinata ai margini.
Il Caso Spotlight incolla letteralmente alle poltrone e lascia increduli, ammutoliti, frastornati. Si andò ben oltre il primo articolo: il gruppo di giornalisti ne produsse altri 600 e il risultato portò ad allargare anche il numero di sacerdoti coinvolti: ben 249. Cifre spaventose, specialmente se poste in relazione solamente a Boston e numeri mostruosi capaci di far tremare le gambe. Ma non c'è solo la pur ovvia riflessione. C'è anche un film girato in modo perfetto, in fatto di ritmo e suspense. La sceneggiatura non ha mai una sbavatura e tutto il cast è magnifico. Oltre al già ricordato Michael Keaton, è giusto sottolineare l'interpretazione di Mark Ruffalo, il cui personaggio è almeno in apparenza il più passionale, e quella di Stanley Tucci, un ruvido avvocato lasciato solo dal sistema a difendere i diritti delle famiglie vittime di abusi. Almeno finché non incrocerà la strada con un gruppo di giornalisti coraggiosi e dalla schiena dritta. Il Caso Spotlight va semplicemente visto, è quasi un dovere.
Articolo a Cura di: Gianluca Rota