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“Sono così orgogliosa, ho la pelle d’oca. Grazie mille”
Queste sono le prime parole che Laura Pausini sceglie per ringraziare l’Hollywood Foreign Press Association per averle conferito il Golden Globe per la migliore canzone originale (Io sì / Seen tratto dal film La vita davanti a sé di Edoardo Ponti con Sofia Loren, visibile su Netflix). Sul film ci torneremo più avanti, ma adesso è giusto soffermarci sulla cantante romagnola poichè il brano da lei scritto è il primo interamente in italiano a vincere il premio assegnato dai giornalisti della stampa estera iscritti all’Hfpa. Tutto questo ci porta a fare una riflessione sulla celebrità globale dei cantanti italiani all’estero e del come e perché così pochi ce la fanno. Se escludiamo la lirica con Luciano Pavarotti, e il mescolamento con il pop come Andrea Bocelli e Il Volo, negli ultimi decenni i cantanti italiani ad essere diventati delle star anche oltreoceano si contano sulle dita di una mano. Solo poche popstar italiane sono riuscite ad abbattere le frontiere: Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Zucchero, Tiziano Ferro e, dell’ultima generazione, Marco Mengoni e Alessandra Amoroso. Cosa unisce questi artisti o, meglio ancora, quali sono gli elementi comuni che hanno decretato il loro successo, considerando che il solo talento canoro non è sufficiente?
Innanzitutto ci vuole determinazione, obiettivi chiari e un team forte che supporti l’operazione. Senza questi tre elementi non si va da nessuna parte: questo significa rinunciare alla comfort zone del successo locale per andare verso l’incertezza e anche il rischio di un sonoro flop. Il più delle volte non è semplicemente “portare i propri successi all’estero”, ma adeguarsi ai singoli mercati, alle dinamiche e al contesto, il che vuol dire ricantare le proprie canzoni in un’altra lingua, fare duetti con artisti locali, stare mesi e mesi a fare promozione all’estero e spesso cambiare anche il proprio domicilio. O, ad esempio, anche avere un management forte può aiutare. Indubbiamente è proprio Laura Pausini l’artista italiana che rappresenta la punta di diamante degli artisti italiani all’estero e sono i numeri e i premi a parlare per lei: oltre 70 milioni di dischi venduti, un Grammy Award vinto nel 2006 e ben quattro Latin Grammy Awards. Determinazione, sacrificio, avere un progetto musicale ben definito e un management forte sono quindi gli elementi fondanti per un successo globale. L’assenza di uno di questi preclude la possibilità di poter essere rilevanti in altri paesi e, senza entrare nello specifico di artisti che purtroppo non sono mai riusciti a sfondare seriamente all’estero, ci teniamo ancora una volta a congratularci con Laura Pausini per questo grandissimo e prestigioso riconoscimento ottenuto.
Concludo parlando brevemente del film “La vita davanti a sé” che vede tornare in scena Sophia Loren dopo una pausa di diversi anni. Buona parte dell’attenzione sul film ruota intorno al nome di colei che ne è protagonista, una donna che a 86 anni è ancora in grado di regalare prove notevoli e imporsi negli equilibri di una scena. Aldilà di questa presenza illustre “La vita davanti a sé” è anche altro; è una storia che soprattutto parla di integrazione e in un certo senso di un affetto che sconfina in una maternità, ma è anche un film che sottotraccia affronta l’Olocausto con un equilibrio e un’assenza di pedanteria tali da essere invidiabili da buona parte delle produzioni su questo fil rouge. In sintesi: è un film che presenta diversi elementi interessanti, con una grande - a tratti grandissima - performance della Loren e con un personaggio estremamente affascinante al proprio centro, quello di Madame Rosa.
Articolo a Cura di: Gianluca Rota