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NON CI SERVE LO "IUS SOLI SPORTIVO": CI SERVE LO IUS SOLI

"Essere italiani è un diritto”

Il primo agosto 2021, dopo la giornata epica per lo sport italiano con gli ori olimpici a Tokyo di Marcell Jacobs nei 100 metri piani e Gianmarco Tamberi nel salto in alto, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha colto l’occasione di massima visibilità per rilanciare la riforma dello ius soli sportivo. Lo ha fatto, c’è da sperarlo, appunto per sfruttare l’attenzione mediatica e non per utilizzare in modo un po’ sgangherato l’immagine di Jacobs, che è di madre italiana e vive in Italia da quando aveva un anno e mezzo.
La faccenda riguarda tutti, non solo gli sportivi: parlare di ius soli sportivo equivale infatti a parlare di ius soli. Punto. Ed è un peccato ulteriore che il presidente del Coni non abbia avuto il coraggio di porre la questione proprio in questi termini e proprio con i riflettori puntati: gli sportivi di cui parla stanno fra quei circa 800mila ragazzi a cui è inspiegabilmente negata la cittadinanza italiana. Detto che la cittadinanza dovrebbe arrivare, per tutti, prima dei 18 anni (tenendo ovviamente presente la norma contro il traffico dei giovani calciatori) appare come minimo singolare chiedere un percorso preferenziale solo a un giovane fenomeno dell’atletica e non ampliare la considerazione a quell’esercito di italiani di fatto e non ancora de iure a causa dei soliti Salvini di turno. Se sono promesse va bene, se sono persone senza particolari interessi agonistici no? Non può esistere un privilegio a favore dei soli sportivi proprio perché, checché ne pensi Malagò, si tratta eccome di una questione politica, come politica è stata d’altronde l’affannosa riforma del Coni: è infatti, oltre che una conseguenza logica, anche e soprattutto una scelta di civiltà che in Italia appare purtroppo archiviata da tempo.
A questo proposito, "18 Ius soli" è il primo documentario grassroots italiano ad affrontare il tema del diritto di cittadinanza per chi è nato e cresciuto in Italia. E' opera del regista bolognese Fred Kuwornu, realizzata in collaborazione con l'Associazione Amici di Giana, la Cineteca di Bologna, Officina Cinema Sud-Est, Anolf Giovani di Seconda Generazione e altre associazioni. Racconta con il linguaggio della docu-fiction la storia di alcuni "nuovi italiani", ma al tempo stesso promuove il dibattito legislativo e culturale sul diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia.
Articolo di Gianluca Rota
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