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QUANTE COSE MI HA PORTATO VIA IL COVID

Prefazione: quello che andrete a leggere è uno sfogo, quasi uno stream of counsciousness datato Ottobre 2020. Lo scrissi in seguito allo stop dei campionati amatoriali di calcio, un mero passatempo per alcuni, una ragione di sfogo e di divertimento per altri. Sono pensieri intimi, scritti in un attimo di sconforto, ma credo sia giusto renderli pubblici: non perché ami mettere in pubblica piazza le mie emozioni, anzi di solito vengo tacciato di avere una certa introversione rispetto la mia vita privata, ma perché penso che siano aspetti su cui ognuno di noi abbia riflettuto. Si, si parla di calcio ma si arriva a parlare di vita e quant’altro: insomma, per farla breve, spero vi piaccia. “Quante cose mi ha portato via questo Covid. Di solito sono solito a scrivere di sport, mi piace mischiarlo con sprazzi di vita vissuta e con concezioni filosofiche. Spesso ho impressione di esagerare ma trovo che la galassia sportiva, il calcio in particolare, sia un pezzo fondamentale della mia vita: è una particolare forma d’arte, bellissima ma allo stesso tempo molto complicata. D’altronde se qualcuno è in grado di trovarmi una qualsiasi espressione artistica accessibile e giudicabile da porzioni di popolazione così ampie mi faccia un fischio. In primis il Covid mi ha tolto questo: sia da spettatore sia da attore stesso.
Ho perso il calcio perché, allo stato attuale, guardare una partita mi provoca sempre un po' di tristezza: non esiste arte se alla stessa non viene rivolto giudizio. Non esiste calcio senza pubblico. Quello che vediamo oggi è un povero surrogato, una cover da quattro soldi di un grande pezzo musicale. E pure ci dicono che è la cosa giusta da fare: non esistono alternative. E’ vero, niente da obiettare. Effettivamente non so nemmeno quante volte, nella mia breve esistenza, mi sia detto che la cosa più giusta da fare non equivalesse con la soluzione che avrei apprezzato. Toh, vedi tu quante volte si mischiano lo sport e la vita. Non è un caso che, oltre che da spettatore, provo un enorme sofferenza pure per non poter essere attore stesso dello sport che amo: sia chiaro, faccio quel che posso e la mia arte è paragonabile alla messa in scena di uno spettacolino teatrale di bambini dell’asilo, con tutto il rispetto per gli stessi, ma chi, nel proprio piccolo, non sogna di poter ricalcare le gesta dei propri beniamini? A quanto sembra la pandemia mi ha levato pure questo divertimento e tutto ciò che ne consegue. Il covid inoltre mi ha tolto dei bellissimi ricordi. Quante cose avrei potuto fare in più? Quante esperienze mi sono perso? Mi sarebbe piaciuto prendere la mia ragazza e scappare una settimana in qualche parte del mondo, regalarci un’esperienza indimenticabile da portare sempre nel cuore. Non è stato possibile, o almeno, ci siamo detti che non ce la saremmo vissuta nel modo migliore e quindi, la cosa giusta da fare, sarebbe stata quella di limitare le nostre possibilità. “Abbiamo ancor tanto tempo per girare il mondo”. La speranza è che il tempo ci dia ragione ma, facendo un bagno di cinismo, credo sia logico essere dispiaciuti all’idea di aver sacrificato un’esperienza bellissima insieme alla ragazza che rimarrà per sempre una delle persone di cui avrò più memoria. Tra i ricordi che non potrò citare nel mio futuro vi è anche l’aspetto universitario. Si, è vero, ho millantato per molto tempo che, tutto sommato, seguire le lezioni da casa non fosse tutto questo grande sacrificio: risparmio di tempo, risparmio di denaro e risparmio di enormi rotture di coglioni quali alzarsi molto prima la mattina oppure trovare posto in aula. Beh, solo ora che sta prendendo il via un nuovo anno accademico, mi rendo conto di quanto mi sbagliassi: non poter più vedere i miei amici, non semplici colleghi di corso, non poter fare nuove conoscenze e non poter confrontarmi in maniera più diretta con quanto di più bello, o meno, offra il mondo accademico è veramente una frustrazione.
Beh poi non si può dire che il covid non mi abbia tolto qualcosa pure in altro ambiti di divertimento: le serate in discoteca, notti intere passate in spiaggia con gli amici, la bellezza di vivere la mia giovinezza senza particolari paturnie infettive. Penso che la mia sia una generazione già complessata e sfortunata di per sé, che bisogna c’era quindi di aggiungere paura verso persone che lottano ogni giorno contro l’incertezza del domani? Ora che mi rendo conto di aver messo per scritto tale pensiero non posso altro che constatare che il covid non mi abbia tolto le menate mentali e le paranoie che circondano il mio lobo temporale e, di questo, me ne rammarico. Penso infine che questa pandemia forse non sia altro che un grandissimo banco di prova verso noi stessi: è stato e sarà un periodo in cui, logicamente, abbiamo passato molto tempo con il proprio io e, per qualcuno, non si può dire che questo risulti sempre un’esperienza positiva. Ti domandi il senso di molte cose e finisci per far partire il dardo giudiziale verso l’obbiettivo sbagliato: capita spesso a chi non riesce a dar risposta alle tante, troppe, domande che ci si pone lungo il cammino.
Ne usciremo migliori? Non credo. Ne usciremo cambiati? Sicuramente si. La speranza è che, nel tragitto, si siano focalizzati bene alcuni punti chiave dai quali ripartire. Concludo collegando questi miei pensieri al film "Contagion", datato 2011, del quale credo non ci sia bisogno di fare grosse premesse: durante il lockdown è stato un cult. Penso infatti che, al di là della trama del film, se rivisto nel 2021, questo possa far rivivere ad ognuno di noi tutta questa tremendissima annata e, di riflesso, rivivere i pensieri che questa ci ha scatenato. Di solito chiudiamo i nostri pezzi citando un qualche autore o persona nota ed un relativo aforisma ma, a questo giro di boa, credo sia più giusto riportare invece una frase un pò Tumblr ma che rende bene l'idea di speranza: "Una volta ogni tanto, anzichè la cosa giusta, dovremmo fare la cosa che più ci rende felici" Ecco, penso che manca poco per arrivare a quel momento: appena tutto sarà finito la cosa giusta da fare potrà finalmente ricombaciare con la nostra felicità.
Articolo a Cura di: Dario Pellegrini
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